mercoledì 20 novembre 2013

Il documentario. Un modo diverso di pensare e comunicare per immagini

La lingua dei segni è di tutti. Impariamo dai sordi. Parlare con le mani, ascoltare con gli occhi. Un film racconta la «Lis»: non solo linguaggio per non udenti .
C’è una lingua che si parla con le mani e si ascolta con gli occhi. E’ la Lingua dei segni, ovvero la Lis, una lingua che veicola i propri significati attraverso un sistema codificato di segni delle mani, espressioni del viso e movimenti del corpo.
A questa lingua, che il semiologo Ferdinand de Saussure ha riconosciuto come unico linguaggio non orale che ha la stessa autonomia delle lingue parlate, è dedicato un documentario presentato domenica 27 ottobre all’interno del Festival della Scienza di Genova, dopo una prima proiezione londinese il 18 ottobre. Il documentario, girato da Silvia Bencivelli (giornalista scientifica freelance) e Chiara Tarfano (videomaker e documentarista), si intitola «Segna con me», dura 50’, è pensato per persone udenti: è parlato, segnato e sottotitolato e racconta le storie e i pensieri di un gruppo di persone (sorde e no, tutte bilingui italiano - LIS) che usano la lingua dei segni in casa, sul lavoro, a scuola, con gli amici e in discoteca.

PENSATO PER UDENTI
«E’ iniziato tutto da una manifestazione di sordi che ho intercettato per caso mentre ero in bicicletta nel caos di Roma. C’era un frastuono assordante e poco lontano un gruppo di persone indifferenti a tutti quei rumori, ma che al tempo stesso producevano un sacco di rumori nuovi – racconta Silvia – manifestavano per il riconoscimento della Lis, ma io non sapevo cosa fosse. Arrivata in radio ho scritto un post su Fb: non c’è niente di più rumoroso di una manifestazione di sordi: così si è innescato un dibattito, assolutamente per caso, e si è aperta una finestra su un mondo che ha iniziato a incuriosirmi e che mi ha portata, insieme a Chiara, a girare questo documentario». 

SEGNA COM ME
«Da piccola pensavo per immagini. Poi un giorno, durante una gita in famiglia, ho visto un lago meraviglioso e ho sentito il bisogno di esternare la mia emozione. Ho detto “meraviglioso” e la macchina si è fermata e tutti si sono girati verso di me. Per me non c’era nulla di così strano. Solo che prima le parole me le tenevo per me»: per Valentina l’apprendimento della lingua italiana ha rappresentato un passaggio importante nell’interazione sociale . Ma per lei segnare è diverso. E’ così che esprime i concetti esattamente come li interiorizza, perché è cresciuta appunto pensando per immagini, imparando a esprimere una sensibilità verso le cose visive: «la sordità l’ho scoperta attraverso gli altri», commenta ancora, spiegando che per lei era semplicemente la sua dimensione di vita. Si è sforzata di apprendere la lingua parlata, si chiede non senza sofferenza come possa risultare all’ascolto la sua voce e racconta di come la Lis le regali in pieno le parole per dirlo. Loredana è nata da due genitori sordi, che segnavano, e ha trascorso molto tempo con i nonni, che parlavano: «Ero in un ambiente in cui sentire o essere sordi non faceva alcuna differenza». Oggi fa il direttore tecnico di una squadra di atlete sorde, dopo essere stata a sua volta atleta. Per lei è normale passare da un linguaggio a un altro. Violante l’ha imparata per comunicare con un amico del liceo: «Lui era udente, ma segnava benissimo. Oggi faccio la guida turistica e la uso per lavoro, ma la mia prima lingua è quella parlata». Riccardo l’ha imparata per amore di Michele e perché un giorno si è stufato di scrivere bigliettini. In «Segna con me» si vede una scuola bilingue dove la maestra spiega il triangolo isoscele, affiancata da un’interprete Lis, lei stessa segnando e spiegando alla classe mentre Leo alla lavagna intervalla segni a parole. I bambini giocano in cortile, non capisci bene chi è sordo e chi no. Semplicemente giocano e comunicano, in tutti i modi che conoscono. 

COME IMPARARE UN’ALTRA LINGUA
«E’ come sapere l’italiano e l’inglese. E’ semplicemente un’altra lingua», spiegano Valentina, Loredana, Riccardo, Michele, Violante. Se alla Lis venisse riconosciuto uno status sarebbe importante per la cultura in cui viviamo, per abbattere i pregiudizi, per crescere come Loredana, come quei bambini del triangolo isoscele, oltre al fatto che uguaglierebbe l’Italia a molti altri Paesi del mondo e che, come fa notare Michele «una legge porterebbe a garantire maggiori servizi». Questo implicherebbe per esempio la possibilità, nel corso di esami o concorsi, di utilizzare la Lis ufficialmente e non solo come strumento compensativo . «Il sistema comunicativo dei sordi ha una sua intrinseca e variegata onnipotenza semiotica - scrive Tullio De Mauro - che non ha nulla da invidiare al sistema basato sul parlato della maggioranza degli italiani». Certo, come tutte le lingue ha i suoi dialetti. E’ normale, ma sarebbe importante andare verso una lingua dei segni internazionale, che è l’idea che sta alla base di Signuno . Anche se un linguaggio avrà sempre la sua quota di soggettività e questo è anche il suo bello. 

BILIGNUISMO: LINGUA VOCALE E LINGUA DEI SEGNI Il bambino sordo profondo è incapace di acquisire spontaneamente la lingua parlata semplicemente perché non la sente. Per questo motivo si utilizza una protesi acustica. Nessun ausilio uditivo restituisce a un bambino sordo profondo un ascolto sufficiente ad acquisire naturalmente la lingua vocale, ma con un intervento logopedico più articolato e complesso l’apprendimento della lingua orale è possibile. Esistono diversi modelli per insegnare a parlare ai bambini sordi, che vanno dall’oralismo al gestualismo. La scelta oralista punta tutto sullo sfruttamento del residuo uditivo e su un insegnamento precoce del linguaggio, mentre l’approccio gestuale riconosce alla persona sorda la possibilità di avere una lingua naturale, la lingua dei segni, che è veicolata dal canale visivo-gestuale, chiaramente integro nelle persone sorde. Solo una lingua compresa e prodotta senza sforzo permette alla persona sorda di sviluppare al massimo le proprie potenzialità, ma al tempo stesso è ormai opinione condivisa dai più che un approccio che medi tra queste due soluzioni, ovvero il metodo bimodale, sia ideale. 

RICONOSCIMENTO 
«La lingua dei segni in Italia non è riconosciuta dalla legge: questo non significa che usarla sia illegale, ma comporta comunque molte difficoltà pratiche e psicologiche per le persone sorde. Anche perché la sua invisibilità alimenta in noi udenti tanti pregiudizi sciocchi con cui Chiara e io, in questi due anni, abbiamo dovuto fare i conti»: così spiega Silvia Bencivelli. 

USARE IL CORPO E LE ESPRESSIONI
Tra il pubblico c’è Lara, insegnante innamorata del suo mestiere con un passato significativo nel sostegno: «Mi sono iscritta a un corso Lis in tempi in cui nella scuola non veniva incoraggiato l’uso della lingua dei segni. Si temeva che un codice dei segni rinforzasse l’esclusione e che si potesse verificare, o amplificare, una sorta di mondo a sé stante che ostacolasse quel concetto di inclusione che si stava facendo strada nel sistema scolastico. Ma a me affascinava quel modo di comunicare così ricco di sfumature e oggi che ho una classe di bambini dove non ci sono sordi vorrei comunque poterla insegnare, come potrei insegnare un altro idioma». Sarebbe prezioso l’apprendimento di questo tipo di bilinguismo nelle scuole (esistono già realtà in cui si pratica a prescindere dell’inserimento di alunni sordi) e se per i sordi è la possibilità di crearsi una competenza linguistica naturale, per gli udenti è l’occasione di conoscere un’altra lingua, un’altra cultura, arricchire la propria personalità favorendo l’apertura mentale e la plasticità percettiva. Insomma se per i sordi è la «lingua per pensare», per gli udenti è la «lingua per raccontare di più». «La lingua dei segni – dice Valentina – non è solo dei sordi, è una lingua di tutti». A proposito, lo sapete quale è il segno-nome per dire insegnante? Si fa un gesto con la mano che rende un qualcosa che sprizza: quello è il sapere. Così si dice insegnante. Si chiude il documentario, tra un coro di applausi e di mani alzate al cielo. Ci vuole tutto. 
Fonte: corriere.it/scuola 

SEGNA CON ME (Un documentario sulla LIS, la Lingua dei Segni Italiana)
Silvia Bencivelli, Chiara Tarfano
La lingua dei segni italiana è usata da migliaia di persone nel nostro Paese, sorde e udenti. In questo documentario si raccontano le storie di un gruppo di loro: con la lingua dei segni, spiegano, puoi farti una famiglia, uscire con gli amici, lavorare, viaggiare e giocare. Puoi anche andare a ballare. Ma si racconta anche la storia di una lingua che, a dispetto di quel che dice la scienza e di quel che succede nel resto del mondo, in Italia non è riconosciuta dalla legge. Ed è sconosciuta dalla maggior parte degli italiani. Questo alimenta miti e misteri, che vanno da “è tanto affascinante…” a “ma è un linguaggio universale?”. E alimenta le mille difficoltà e i pregiudizi che le persone sorde si trovano ad affrontare nella nostra rumorosa comunità. Il documentario vuole essere una riflessione sull’importanza della comunicazione nelle nostre vite, e su quanto questa comunicazione costruisca la nostra cittadinanza e, a tratti, anche la nostra felicità.

Silvia Bencivelli, giornalista scientifica freelance, una laurea in Medicina e un master in Comunicazione della scienza, collabora con la RAI, «le Scienze», «la Stampa» e la Sapienza di Roma. Ha scritto libri, tra cui Perché ci piace la musica (Sironi editore, 2007 e 2012); Che cosa intendi per domenica (Liberaria editrice, 2013) e Comunicare la scienza, con Francesco P. De Ceglia, (Carocci, 2013).

Chiara Tarfano, videomaker e documentarista. Nel 2006 e nel 2007 ha vinto il primo premio del Festival Raccorti Sociali, con Contrasti di Passaggio e Donne di carta. Nel 2010 è coautrice del documentario‐inchiesta Diversamente etero. Nel 2011 è in finale al Capodarco Film Festival con Nadiya. Nel 2012 ha vinto con Silvia Bencivelli il concorso Short on Work della Fondazione Marco Biagi, con 2033.

PER SAPERE DI PIU'
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«La storia è testimonio dei tempi, luce della verità, vita della memoria, maestra della vita» (Cicerone)
«La storia non è utile perché in essa si legge il passato, ma perché vi si legge l’avvenire» (M.D’Azeglio)
«Bisogna ricordare il “passato” per costruire bene il “futuro”» (V.Ieralla) 
Per qualsiasi segnalazione, rettifica, suggerimento, aggiornamento, inserimento dei nuovi dati o del curriculum vitae e storico nel mondo dei sordi, ecc. con la documentazione comprovata, scrivere a: info@storiadeisordi.it 
"Storia dei Sordi. Di Tutto e di Tutti circa il mondo della Sordità", ideato, fondato e diretto da Franco Zatini